Indicazioni per la pratica professionale
Documento recepito dal Consiglio Nazionale nella seduta del 26 Febbraio
2016,
con
deliberazione n° 10/16
Consiglio Nazionale Ordine degli Psicologi
Piazzale di Porta Pia, 121 •
00198 Roma Tel: +390644292351 • Fax: +390644254348 www.psy.it • info@psy.it
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PRESENTAZIONE,
Fulvio Giardina
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11
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NOTA
DEL SOTTOSEGRETARIO, on. Davide Faraone
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OBIETTIVI
DEL DOCUMENTO E METODO, Lauro Mengheri
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17
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CAPITOLO
1
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I
BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI (BES)
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21
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1.1
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Quale
normativa tutela gli alunni con BES?
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21
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1.2
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Esiste
la diagnosi di BES?
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22
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1.3
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Gli
alunni con BES possono avere una diagnosi?
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22
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1.4
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I BES
hanno un codice nosografico?
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23
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1.5 La
normativa sui BES prevede che i bisogni educativi speciali
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possano
essere di natura persistente o transitoria. I DSA sono
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considerati
di natura persistente o transitoria?
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23
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CAPITOLO
2
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I
DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO (DSA)
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25
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2.1 Quanti sono gli alunni e gli studenti con DSA nella
popolazione
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scolastica?
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27
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2.2
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Quali
sono i DSA riconosciuti dalla Legge 170/2010?
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30
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2.3
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I DSA
hanno un loro codice nosografico?
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30
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2.4
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Cosa si
intende per Dislessia?
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31
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2.5
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Qual è
il codice nosografico da utilizzare per la Dislessia?
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31
|
3
2.17 Esiste il
disturbo specifico dell’apprendimento non verbale? 38
2.18 Quali
sono i disturbi che più frequentemente troviamo in
comorbidità
con i DSA?
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38
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2.19 Con il termine «disturbi evolutivi specifici» si
intendono solo
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39
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i DSA?
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||
2.20 I
DSA sono BES?
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39
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2.21
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Cosa si
intende per procedura diagnostica?
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40
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2.22
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Chi fa
la certificazione di DSA?
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40
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4
5
6
7
8
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Pag
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3.26 È
obbligatoria la stesura di un PDP per tutti gli alunni con
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69
|
BES?
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3.27 È
obbligatoria la stesura di un PDP per un alunno con DSA? 70
3.28 La
presenza del clinico durante la stesura del PDP di un
alunno
con DSA è obbligatoria?
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70
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3.29 Il
PDP va aggiornato? Ogni quanto tempo?
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70
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3.30 Quali sono i passi che la famiglia può compiere per
verificare
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la
conformità tra quanto scritto nel PDP e quanto è stato attuato in
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71
|
classe?
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3.31 Se la scuola individua un alunno con BES e vuole
predisporre
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un PDP
deve necessariamente chiedere l’autorizzazione della
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72
|
famiglia
e far firmare il PDP?
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3.32
Per applicare la normativa sui BES a un alunno in difficoltà
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72
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deve
esserci necessariamente la relazione di un clinico?
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RIFERIMENTI
BIBLIOGRAFICI
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73
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RIFERIMENTI
NORMATIVI
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75
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COMPONENTI
DEL GRUPPO DI LAVORO NAZIONALE
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77
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RINGRAZIAMENTI
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83
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9
NAZIONALE
ORDINE
PSICOLOGI
PRESENTAZIONE
“. . . non
solo i bambini ma anche gli esseri umani di tutte le età sono oltremodo felici e in grado di estrinsecare le
loro capacità con il maggior vantaggio possibile quando sono sicuri che dietro
di loro ci sono una o più persone che li possono aiutare in caso di difficoltà.
La persona fidata fornisce una base sicura su cui appoggiarsi per potere agire”
(J. Bowlby, 1973).
Il CNOP, agenzia nazionale rappresentativa della professione di
psicologo, tra i suoi compiti ha quello di tutelare la salute del cittadino
fornendo indicazioni per la pratica professione. Le problematiche afferenti ai
BES e ai DSA presentano particolari situazioni in cui appare utile fornire
idonei strumenti d’intervento al fine di poter rassicurare tutti gli attori
coinvolti, innanzitutto le famiglie e i bambini, e poi la scuola e gli
insegnanti, gli operatori e la società in genere.
Invito a leggere ed utilizzare questo testo “I DSA e i BES: indicazioni
per
la pratica professionale”, prodotto dallo specifico Gruppo di Lavoro
nazionale, istituito presso il CNOP e coordinato dal dott. Lauro Mengheri.
Si tratta di un testo, completo nei contenuti, di facile ed immediata
consultazione da parte di tutti gli operatori interessati, in particolar modo
psicologi.
Dinanzi a problematiche infantili
che a volte sfuggono ai genitori perché,
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non alterando in alcun modo la capacità relazionale ed affettiva dei
bambini, non emergono subito alla loro attenzione, bisogna intervenire con
impegno, competenza, alta professionalità ed immediatezza.
Ma non si può e non si deve dare una risposta meramente tecnica,
meccanica, apparentemente risolutiva.
Non si tratta semplicemente di riassemblare meccanismi cognitivi che si
sono disallineati.
Ogni bambino, ogni alunno, ogni cittadino deve poter immaginare, sognare
e progettare il proprio percorso di vita grazie al rapporto fiduciario che
instaura con se stesso e col mondo intero.
La capacità di leggere, di scrivere, di far di conto, di utilizzare un
linguaggio ed un vocabolario appropriati sono strumenti sempre più necessari
non solo per rendere efficace ed efficiente la rete delle comunicazioni personali
ed interpersonali, ma anche per rinforzare ogni giorno l’immagine di sé stessi.
“La fiducia in se stessi non
assicura il successo, ma la mancanza di fiducia
origina sicuramente il fallimento” (A. Bandura, 1997).
Queste brevi considerazioni sono alla base di una visione professionale
che deve vedere sempre il bambino, l’utente, al centro di ogni azione
educativa, senza mai perdere il quadro d’insieme e senza mirare ad obiettivi
parziali.
Riteniamo per l’appunto che lo psicologo sia il professionista che
possiede questa visione d’insieme proprio perché è acuto osservatore, e
valutatore, della personalità dell’utente.
La mera diagnosi infatti, pur
nelle corrette soluzioni applicative che
12
vengono proposte, non potrà mai essere risolutiva del problema, con il
rischio di facilitare in alcuni casi, nei genitori e negli insegnanti, la
spinta verso deleghe improduttive.
Manifesto apprezzamento per tutti i componenti del Gruppo di Lavoro, che
- per la diversa esperienza professionale - hanno permesso di redigere un testo
condiviso e non autoreferenziato.
Ringrazio in maniera particolare il Sottosegretario al MIUR, on. Davide
Faraone, che, attraverso la sua nota introduttiva, ha reso ancora più incisivo
questo documento.
Buona lettura.
Il Presidente
Fulvio Giardina
13
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
Sottosegretario di Stato
On.
Davide Faraone
La scuola italiana è una scuola inclusiva. Non faccio fatica a
dichiararlo, ho avuto modo di vederlo in giro per gli istituti del nostro
Paese, ne ho preso maggior consapevolezza visitando sistemi di istruzione
europei che nelle classifiche internazionali occupano posizioni più alte dell’Italia.
La scuola italiana mette al centro lo studente, si pone come obiettivi primari
la sua formazione e la libertà di autodeterminarsi, senza ostacoli o barriere
di alcun tipo, combatte discriminazioni e piuttosto favorisce la naturalezza
dell’inclusione di qualsiasi alunno.
È così perlomeno dagli anni ’70 del secolo scorso quando abbiamo abolito
le classi speciali e abbiamo creato le condizioni per la costruzione di un
ambiente accogliente per ogni studente. Così è stato per gli alunni e le alunne
con disabilità gravi, così è stato anche per quegli studenti che hanno mostrato
di avere difficoltà nell’apprendimento. Con l’introduzione della legge 170/2010
sui cosiddetti Dsa, abbiamo assistito ad un aumento delle diagnosi, un aumento
che rientra tuttavia nella normalità: si è passati dalla prima rilevazione del
febbraio 2011 che registrava circa 62.000 certificazioni all’ultima nel 2014
che ne riportava 186.000.
Occorre mantenere alta l’attenzione
sulla correttezza delle diagnosi
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perché una buona diagnosi è utile alla scuola, se reca indicazioni che
gli insegnanti possono far proprie e tradurre nella quotidiana opera di
insegnamento, nella prassi didattica. Per questo voglio esprimere il mio
apprezzamento per le linee guida redatte dal gruppo di lavoro del CNOP. Mi
auguro che questo documento diventi uno dei diversi strumenti a disposizione
dei professionisti del mondo della sanità e del personale della scuola per
realizzare una società sempre più inclusiva.
Davide Faraone
Sottosegretario di Stato al
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca
16
La psicologia da sempre si è occupata di studiare i processi di
appren-dimento, mentre l’interesse per i disturbi dell’apprendimento risulta
essere più recente in Italia e ha avuto un’improvvisa impennata dopo la
promulgazione della Legge 170 del 2010. Le evidenze scientifiche derivanti
dalla ricerca e dall’utilizzo di metodi e di tecnologie d’indagi-ne sempre più
evolute hanno permesso di andare ben oltre le classiche teorie dell’apprendimento,
modificando le convinzioni precedenti sul funzionamento della nostra mente e in
particolare sui processi implicati nell’apprendimento, obbligandoci a
riconsiderare il peso delle intera-zioni tra caratteristiche neurobiologiche,
genetica e fattori ambientali capaci di influenzare il DNA (si vedano gli studi
sull’epigenetica).
Le indagini epidemiologiche stimano che in Italia ci siano circa 350.000
tra bambini, adolescenti e adulti con Disturbo Specifico dell’Apprendi-mento (DSA),
un numero considerevole che rende conto dell’interesse sempre crescente per la
tematica in ambito clinico e scolastico. La pro-mulgazione della normativa
nazionale, di direttive e di circolari mini-steriali ha avuto il sicuro merito
di attirare l’attenzione anche sugli altri disturbi del neurosviluppo e sulle
difficoltà scolastiche di varia natura agevolando così l’erogazione di risorse
anche per la formazione quali-ficata nell’ambito dei bisogni educativi. In
questo modo si è assistito ad un aumento delle competenze piuttosto rapido a
vantaggio della quali-tà dell’insegnamento e dell’intervento nell’ambito del
potenziamento. Tale normativa ha avuto anche il merito di creare una “macroéquipe”
di
17
lavoro formata da famiglia, clinico e insegnante. Finalmente la scuola,
la famiglia e i clinici che si occupano degli apprendimenti hanno gli strumenti
per interagire in maniera strutturata e sinergica a vantaggio della qualità
complessiva dell’intervento.
Già nel 1997 l’Unesco usava il concetto di Bisogno Educativo Speciale
non solo per coloro che erano inclusi nelle categorie della disabilità, ma
anche per aiutare quegli studenti che “vanno male a scuola” per mol-teplici
ragioni che impediscono loro un successo formativo ottimale.
La diagnosi di DSA non è un processo semplice, soprattutto per l’in-dagine
dei fattori di esclusione e per la frequente comorbidità con altre condizioni
cliniche. Tale complessità richiede competenze multidisci-plinari e una stretta
collaborazione tra alunni, famiglie, scuola e clinici.
Per venire incontro ai colleghi che quotidianamente si trovano a gestire
le difficoltà dei loro piccoli e meno piccoli pazienti, con l’intento di
favorire le migliori condizioni di apprendimento anche in presenza di veri e
propri disturbi, è stato redatto questo documento che cerca di affrontare in
modo chiaro e semplice i dubbi e le domande che gli psi-cologi (ma non solo)
impegnati nel percorso diagnostico e riabilitativo di tipo clinico si pongono.
Occuparsi con serietà e professionalità dei pazienti con DSA significa avere
competenze non esclusivamente in ambito psicologico e clinico, ma anche
conoscere il contesto normati-vo. La tematica in questione investe aree
certamente di pertinenza degli psicologi, ma anche di neuropsichiatri infantili,
logopedisti, insegnanti di scuola primaria e secondaria, dirigenti e giuristi.
Il Gruppo di Lavoro voluto dal Consiglio Nazionale dell’Ordine degli
Psicologi che ha elaborato questo documento è pertanto intenzional-
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mente multiprofessionale. Al suo interno ci sono psicologi con
compe-tenze nel settore specifico provenienti da varie regioni italiane,
occupati nel settore pubblico o nel privato, una Dirigente scolastica, che è
stata anche membro del direttivo nazionale AID, un Dirigente del Ministero dell’Istruzione.
Il lavoro ha avuto durata annuale, con riunioni che si sono tenute
presso la sede del CNOP e di vari Ordini regionali – in Sicilia, in Toscana e
in Lombardia nella Casa della Psicologia – oltre ad alcune riunioni presso il
MIUR. È stato scelto di approfondire alcuni dubbi e criticità attra-verso la
modalità “domanda-risposta”, che ha consentito di sviluppare punto per punto le
questioni ritenute importanti.
In una prima fase il Gruppo ha individuato gli errori più comuni nella
prassi diagnostica e le domande più frequenti che vengono rivolte ai clinici e
agli insegnanti. Successivamente sono state formulate le do-mande e assegnate
ai vari membri del Gruppo, con il compito di trovare nei documenti di
riferimento (conferenze di consenso e documenti mi-nisteriali) elementi utili
alla formulazione della risposta.
È stato deciso di riportare più fedelmente possibile quanto scritto nei
documenti, spesso citando testualmente il contenuto, in modo da limi-tare al
massimo le interpretazioni personali. Le competenze dei membri del Gruppo e le
prassi operative di ciascuno hanno portato a confronti, scambi di opinioni e
inevitabili divergenze che sono state occasione di crescita e di
approfondimento per tutti.
La scelta delle domande da inserire, la revisione di tutte le risposte,
l’ordine di presentazione del lavoro sono stati affrontati collegialmente da
tutto il Gruppo. Una volta giunti alla condivisione dei contenuti e
19
all’approvazione all’interno del gruppo, il documento è successivamen-te
stato sottoposto a referaggio scientifico da parte di cinque autorevoli membri
esterni: Cesare Cornoldi, Santo Di Nuovo, Daniela Lucangeli, Giacomo Stella e
Cristiano Termine, che hanno apportato integrazioni e dato infine il loro
placet.
Ringrazio di cuore tutti quanti hanno contribuito alla realizzazione di
questo documento, dal Presidente Fulvio Giardina che ha voluto e cre-duto
fermamente in questo lavoro, ai membri del Gruppo di Lavoro con i quali è stato
un piacere ed un onore confrontarmi, ai referee
esterni che hanno messo la loro competenza ed esperienza al servizio dei
colleghi.
Ci auguriamo che il presente documento sia di aiuto per la pratica
pro-fessionale delle figure coinvolte nel processo diagnostico, riabilitativo e
didattico dei DSA e degli altri BES, affinché ogni alunno possa trovare ogni
giorno entusiasmo e curiosità nel percorso di apprendimento.
Il Gruppo
di Lavoro
Coordinatore Lauro Mengheri
Christina Bachmann
|
Raffaele Ciambrone
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Silvia Baldi
|
Emanuele Legge
|
Michele Borghetto
|
Sara Piazza
|
Rita Chianese
|
Viviana Rossi
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20
CAPITOLO 1
I BISOGNI EDUCATIVI SPECIALI (BES)
I Bisogni Educativi Speciali (BES) sono quelle particolari esigenze
educative che possono manifestare gli alunni, anche solo per determinati periodi,
«per motivi fisici, biologici,
fisiologici o anche per motivi
psicologici, sociali, rispetto ai quali è necessario che le scuole offrano
adeguata e personalizzata risposta» (Direttiva Ministeriale del 27.12.2012). Tale Direttiva
riassume i BES in tre grandi sotto-categorie: quella della disabilità (tutelati
dalla L.104/92), quella dei disturbi evolutivi specifici (tra i quali i DSA,
tutelati dalla L.170/2010, e per la comune origine evolutiva anche ADHD e
borderline cognitivi), e quella dello svantaggio socioeconomico, linguistico,
culturale.
In ambito clinico esistono anche altri disturbi o situazioni non
menzionati specificamente dalla Direttiva, quali ad esempio i disturbi dell’apprendimento
non specifici, i disturbi dell’umore, i disturbi d’ansia, gli alunni plusdotati
intellettivamente (i cosiddetti “gifted”),
che possono essere ricompresi tra i BES.
1.1 Quale normativa tutela gli
alunni con BES?
I BES sono tutelati dalla Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 e
le successive circolari ministeriali. La Direttiva estende a tutti gli studenti
in difficoltà il diritto alla personalizzazione dell’apprendimento,
21
richiamandosi espressamente ai principi enunciati dalla Legge 53/2003.
In particolare la Circolare Ministeriale n.8 del 6 marzo 2013, prot. n.561,
avente come oggetto «Direttiva
Ministeriale 27 dicembre 2012 “Strumenti
di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali e organizzazione
territoriale per l’inclusione scolastica”. Indicazioni operative», sottolinea l’urgenza di applicare la
normativa già destinata agli alunni
con DSA anche a tutti quegli alunni che manifestano bisogni educativi speciali.
1.2 Esiste la diagnosi di BES?
No, si tratta di una definizione pedagogica e non clinica. La diagnosi è
invece un processo di tipo clinico che dà esito a un codice nosografico tra
quelli contenuti nei manuali diagnostici di riferimento (ICD-10 e DSM-5). Il
termine BES non indica un’etichetta diagnostica, di conseguenza non esiste la
diagnosi di BES. Il termine fa riferimento a quanto espresso nella
dichiarazione internazionale di Salamanca (1994), ossia che «le persone che hanno bisogni educativi
speciali devono poter accedere alle
normali scuole che devono integrarli in un sistema pedagogico centrato sul
bambino, capace di soddisfare queste necessità», e alle indagini dell’OCSE.
1.3 Gli alunni con BES possono
avere una diagnosi?
Alcuni sì, poiché tra le tipologie di BES sono ricompresi anche altri
disturbi oltre ai DSA, quali ad esempio il Funzionamento Intellettivo Limite (FIL),
i Disturbi Specifici del Linguaggio (DSL), il Disturbo della Coordinazione
Motoria, e altri.
22
Premesso che la diagnosi di BES non esiste, sono ricomprese in questa
categoria varie difficoltà, che talvolta possono assumere la forma di un
disturbo. In tal caso si utilizza un codice nosografico come da manuali di
riferimento ICD-10 o DSM-5 (per esempio per i Disturbi Specifici del
Linguaggio, per l’ADHD, etc.). Nel caso di difficoltà non inquadrabili in un
disturbo non si utilizzano codici nosografici.
1.5
La normativa sui BES (Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012)
prevede che i bisogni educativi speciali possano essere di natura persistente o
transitoria. I DSA sono considerati di natura persistente o transitoria?
I DSA sono considerati disturbi di natura persistente, poiché di origine
neurobiologica. Pertanto possono manifestarsi in modo diverso e con diverse
intensità e conseguenze adattive a seconda dell’età, ma permangono per tutta la
vita. Altrettanto si può affermare per i disturbi non compresi fra i DSA, ma
che provocano difficoltà scolastiche persistenti (FIL, DSL, etc.).
23
CAPITOLO 2
I DISTURBI SPECIFICI DELL’APPRENDIMENTO (DSA)
Con l’acronimo DSA (Disturbi Specifici dell’Apprendimento) si intende
una categoria diagnostica, relativa ai Disturbi Evolutivi Specifici di
Apprendimento che appartengono ai disturbi del neurosviluppo (DSM-5, 2014), che
riguarda i disturbi delle abilità scolastiche, ossia Dislessia, Disortografia,
Disgrafia e Discalculia (CC-2007).
La Consensus Conference dell’Istituto
Superiore di Sanità (CC-ISS, 2011) definisce i DSA «disturbi che coinvolgono uno specifico dominio di abilità, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale.
Essi infatti interessano le competenze strumentali degli apprendimenti
scolastici. Sulla base del deficit funzionale vengono comunemente distinte le
seguenti condizioni cliniche:
•
Dislessia, disturbo nella lettura (intesa come abilità di decodifica del
testo);
•
Disortografia, disturbo nella scrittura (intesa come abilità di codifica
fonografica e competenza ortografica);
•
Disgrafia, disturbo nella grafia (intesa come abilità grafo-motoria);
•
Discalculia, disturbo nelle abilità di numero e di calcolo (intese come capacità
di comprendere ed operare con i numeri)».
Nella letteratura scientifica di
lingua inglese i DSA sono definiti «Le-
arning Disabilities» o «Specific
Learning Disorders», cioè disabilità
25
dell’apprendimento che incidono pesantemente sulla vita e sulla
car-riera scolastica. La sopracitata CC-ISS riporta che i DSA hanno un
im-portante impatto sia a livello individuale (frequente abbassamento del
livello delle competenze acquisite e/o prematuro abbandono scolastico nel corso
della scuola secondaria di secondo grado) sia a livello socia-le (riduzione
della realizzazione delle potenzialità sociali e lavorative dell’individuo).
Nell’ICD-10 i DSA sono indicati con il termine «Disturbi evolutivi specifici
delle abilità scolastiche», intendendo quei disturbi per i quali le normali abilità di acquisizione
delle capacità di apprendimento sono alterate già dalle prime fasi iniziali
dello sviluppo.
Riporta la Consensus Conference
del 2007 (CC-2007): «La principale caratteristica di definizione di questa “categoria
nosografica”, è quella della “specificità”, intesa come un disturbo che
interessa uno specifico dominio di abilità in modo significativo ma
circoscritto, lasciando intatto il funzionamento intellettivo generale».
Nell’ICD-10 si specifica che i DSA
non sono conseguenti a mancanza di opportunità di apprendimento, disturbi dello
sviluppo intellettivo, traumi o malattie cerebrali acquisite. La compromissione
dell’abilità specifica (lettura, scrittura, calcolo) deve essere significativa.
Nella Consensus Conference del
2007 sono menzionati i criteri utili per la definizione dei DSA, ossia il
carattere “evolutivo” di questi disturbi, la diversa espressività del disturbo
nelle diverse fasi evolutive dell’abilità in questione, la quasi costante
associazione ad altri disturbi (comorbidità), il carattere neurobiologico delle
anomalie processuali che caratterizzano i DSA.
I Disturbi Specifici dell’Apprendimento
hanno un’origine biologica
26
che è alla base delle anomalie a
livello cognitivo che sono associate a sintomi comportamentali del disturbo e
che comprende un’interazione di fattori genetici, epigenetici e ambientali che
colpiscono le capacità cerebrali di percepire o processare informazioni verbali
o non verbali in modo efficiente e preciso (DSM-5, 2014). Il DSM-5 introduce
per la prima volta l’influenza dei fattori ambientali nella genesi del
disturbo, tirando in causa l’epigenetica, ossia riconosce un ruolo fondamentale
alle modifiche fenotipiche delle espressioni dei geni, che si possono verificare
senza alterazioni delle sequenze nel DNA. In tal senso viene messa in
discussione la specificità del disturbo, che porta a una non netta distinzione
tra i casi che hanno un livello intellettivo nella norma e quelli che hanno
compromissioni più generalizzate e include quindi nella categoria diagnostica
anche altre difficoltà, quali la scarsa comprensione dei testi letti in
autonomia, la mancanza di chiarezza nell’espressione scritta, le difficoltà nel
ragionamento matematico. Anche la Consensus
Conference dell’Istituto Superiore di
Sanità «raccomanda, ai fini della
diagnosi di DSA, di considerare con maggiore flessibilità il criterio della
discrepanza rispetto al QI» (Risposta 1.1 del quesito A1, CC-ISS 2011).
Ai fini della stesura di questo documento, pur tenendo presenti le
novità che sono entrate a pieno titolo nel sapere scientifico, faremo
riferimento al manuale nosografico ICD-10, in attesa degli aggiornamenti
previsti nella undicesima edizione.
2.1
Quanti sono gli alunni e gli studenti con DSA nella popolazione
scolastica?
Sebbene
ad oggi non esista ancora un osservatorio epidemiologico
27
nazionale, nell’introduzione della Consensus
Conference dell’Istituto Sanitario di Sanità (2011) è indicato che in
Italia i DSA mostrano una prevalenza oscillante tra il 2,5% e il 3,5% della
popolazione in età evolutiva. Tale percentuale sottostima l’effettiva incidenza
del disturbo, perché spesso non riconosciuto o confuso con altri disturbi.
Dalla rilevazione del MIUR svolta nell’anno scolastico 2014/2015 la percentuale
degli alunni e studenti con DSA nel sistema nazionale d’istruzione si attesta
intorno al 2,1% (186.803 alunni/studenti su un totale di 8.845.984). In
particolare nell’A.S. 2014/2015 le percentuali di alunni/studenti con diagnosi
di DSA sono l’1,6% alla scuola primaria, il 4,2% alla scuola secondaria di
primo grado e il 2,5% alla scuola secondaria di secondo grado (fonte: MIUR –
DGCASIS – Ufficio Statistica e Studi – Rilevazioni sulle Scuole).
Tab.1 – Totale alunni con DSA per tipologia di disturbo e ripartizione
territoriale – A.S. 2014/2015
28
Graf.1 - Alunni con DSA in % del totale alunni per ordine di scuola –
A.S. 2010/2011 e A.S. 2014/2015
Graf.2 - Totale alunni con DSA: composizione percentuale per ordine di
scuola – A.S. 2014/2015
29
Un dato particolarmente preoccupante per tutta la categoria di clinici,
psicologi e medici, è la presenza di diagnosi di DSA nell’ambito della scuola
dell’infanzia (0,03% sul totale). Infatti, come raccomanda la CC-ISS-2011 alla
risposta A del quesito 5A, «non appare
opportuno anticipare la diagnosi a
prima della fine della classe seconda della scuola primaria». La maggiore
sensibilità sul tema e la sempre migliore
competenza dei clinici hanno portato alla netta riduzione di questa
percentuale rispetto alla precedente rilevazione (nell’A.S. 2010/2011 era lo
0,07%).
2.2 Quali sono i DSA riconosciuti
dalla Legge 170/2010?
Sono quattro: Dislessia (Disturbo Specifico della Lettura), Disortografia
(Disturbo Specifico della Scrittura nella componente ortografica), Disgrafia
(Disturbo Specifico della Scrittura nella realizzazione grafica), Discalculia
(Disturbo Specifico del Calcolo).
2.3 I DSA hanno un loro codice nosografico?
Sì, è possibile riferirsi ai codici dei manuali diagnostici ICD-10 e
DSM-5. Nel servizio pubblico vengono utilizzati i codici dell’ICD-10, pertanto
è consigliabile utilizzare tale sistema di classificazione, consigliato anche
dalla Consensus Conference dell’Istituto
Superiore di Sanità (2011, quesito A1), in particolare utilizzando i codici
della categoria F81 (disturbi evolutivi specifici delle abilità scolastiche),
insieme alla dicitura esplicita del DSA in oggetto, come previsto dall’Accordo
Stato-Regioni del 25 luglio 2012 (art.3, c.1).
30
Con il termine Dislessia si intende il Disturbo Specifico della Lettura,
che riguarda la decodifica. La Consensus
Conference del 2007 (CC-2007) già individuava la necessità di somministrare
prove standardizzate di lettura a più livelli (lettere, parole, non-parole,
brano), la necessità di valutare congiuntamente i due parametri di rapidità e
accuratezza nella prestazione, la necessità di stabilire una distanza
significativa dai valori medi attesi per la classe frequentata dal bambino
nella rapidità o nell’accuratezza.
Fissava convenzionalmente tale distanza a 2 deviazioni standard sotto la
media per la velocità e al di sotto del 5° percentile per l’accuratezza,
indicazioni tuttora valide. Esiste ad oggi una letteratura specifica che mette
a confronto le misure di rapidità e velocità e valuta l’opportunità di
utilizzare i percentili anche per le misure di rapidità.
«In presenza di dislessia,
andrebbero indagate memoria verbale (soprattutto
fonologica), attenzione (soprattutto visiva), linguaggio (a tutti i livelli di
organizzazione, eventualmente con breve screening iniziale da approfondire se
emergono difficoltà), denominazione rapida, abilità metafonologiche
(accuratezza nelle prime classi, rapidità più avanti)» (PARCC, 2011,
quesito A6).
2.5 Qual è il codice nosografico da utilizzare per la Dislessia?
Secondo il manuale diagnostico ICD-10 è il codice F81.0 («Disturbo specifico della lettura o dislessia»), che contempla compromissioni nell’accuratezza (errori) e può
comportare anche difficoltà di comprensione. Questo codice comprende inoltre
anche le conseguenti difficoltà di tipo ortografico, in assenza di diagnosi di
Disortografia.
31
Include infatti «ritardo specifico
della lettura, dislessia evolutiva, difficoltà
della compitazione associata con un disturbo di lettura», mentre esclude la Disortografia senza
disturbo della lettura («disturbo della compitazione non associato a
difficoltà di lettura»).
Nel DSM-5 la Dislessia è codificata come «Disturbo specifico dell’apprendimento
con compromissione della lettura» (codice 315.00) ed include, oltre alle difficoltà nell’accuratezza della lettura
delle parole, anche la velocità o fluenza della lettura e le difficoltà nella
comprensione del testo.
2.6 Cosa si intende per Disortografia?
Con il termine Disortografia si intende il Disturbo Specifico della
Scrittura, che riguarda lo scarso controllo ortografico.
Già la Consensus Conference
del 2007 (CC-2007) suddivideva il Disturbo della Scrittura in due componenti:
una di natura linguistica (deficit nei processi di cifratura) e una di natura
motoria (deficit nei processi di realizzazione grafica). Il termine
Disortografia riguarda soltanto l’aspetto linguistico, ossia i deficit nei
processi di cifratura.
Le prestazioni nell’ambito dell’ortografia in prove standardizzate per
il parametro correttezza (numero di errori) devono cadere al di sotto del 5°
percentile (CC-2007).
«In presenza di disortografia,
andrebbero indagati i prerequisiti dell’apprendimento
(integrazione visuo-motoria e abilità metafonologiche), le abilità di
attenzione visiva e uditiva, la MBT verbale» (PARCC, 2011, quesito A6).
32
Secondo il manuale diagnostico
ICD-10 il codice è F81.1 («Disturbo
specifico della compitazione
o disortografia») e va
utilizzato in
caso di difficoltà ortografiche. Esso include «ritardo specifico della compitazione
(senza disturbo di lettura)» ed esclude «difficoltà nella compitazione associate con un disturbo della lettura».
Tale codice non si utilizza se la
difficoltà riguarda la componente grafica, definita invece Disgrafia.
Nel DSM-5 la Disortografia è inclusa nel «Disturbo specifico dell’apprendimento
con compromissione dell’espressione scritta»
(codice 315.2) che prevede, oltre alle difficoltà ortografiche chiamate
«difficoltà nell’accuratezza dello
spelling», anche accuratezza della grammatica e della punteggiatura e
chiarezza/organizzazione dell’espressione scritta.
2.8 Che cosa si intende per
Disgrafia?
Con il termine Disgrafia si intende il Disturbo Specifico della
Scrittura, che riguarda la realizzazione grafica (grafia).
Già la Consensus Conference
del 2007 (CC-2007) suddivideva il Disturbo della Scrittura in due componenti:
una di natura linguistica (deficit nei processi di cifratura) e una di natura
motoria (deficit nei processi di realizzazione grafica). Il termine Disgrafia
riguarda soltanto l’aspetto motorio, ossia i deficit nei processi di realizzazione
grafica.
Le prestazioni nell’ambito della grafia in prove standardizzate per la
fluenza (velocità di scrittura) devono cadere sotto la media di almeno 2
deviazioni standard e rispondere a carenze qualitative nelle caratteristiche
del segno grafico (CC-2007).
33
«In presenza di disgrafia, andrebbero indagate le
abilità motorie generali e fino-manuali, le competenze visuo-motorie e visuo-percettive,
l’attenzione visiva selettiva e sostenuta, la memoria motoria e la qualità dell’apprendimento
motorio» (PARCC, 2011, quesito A6).
2.9 Qual è il codice nosografico
per la Disgrafia?
Secondo il manuale diagnostico ICD-10 il codice è F81.8 («Altri disturbi evolutivi delle abilità scolastiche») e va utilizzato in caso di
difficoltà nella realizzazione grafica,
in assenza di disturbi della coordinazione motoria.
2.10 Che cosa si intende per
Discalculia?
Con il termine Discalculia si intende il Disturbo Specifico del Calcolo,
che riguarda l’area matematica.
La CC-2007 distingueva nella Discalculia due diversi profili: uno
connotato da debolezza nella strutturazione cognitiva delle componenti di
cognizione numerica (cioè intelligenza numerica basale: subitizing, meccanismi di quantificazione, comparazione,
seriazione, strategie di calcolo a mente) e l’altro che coinvolge le procedure
esecutive (lettura, scrittura e messa in colonna dei numeri) ed il calcolo
(recupero dei fatti numerici e algoritmi del calcolo scritto).
«In presenza di discalculia, nel
caso di errori nell’incolonnamento dei
numeri, andrebbero esplorate anche le abilità prassiche e l’organizzazione
visuo-spaziale» (PARCC, 2011, quesito A6).
2.11 Qual è il codice nosografico
da utilizzare per la Discalculia?
Secondo il manuale diagnostico
ICD-10 il codice è F81.2 («Disturbo
34
specifico delle abilità
aritmetiche o discalculia») e va utilizzato sia che le difficoltà siano a carico del senso
del numero sia che riguardino il calcolo. Tale codice infatti non differenzia
tra tipologie di disturbo del calcolo. Include «disturbo aritmetico evolutivo, sindrome di Gerstmann, acalculia evolutiva» e esclude «difficoltà aritmetiche associate a un altro
disturbo della lettura o della compitazione».
Nel DSM-5 la Discalculia è codificata come «Disturbo specifico dell’apprendimento
con compromissione del calcolo» (codice 315.01) e include, oltre alle difficoltà nel concetto di numero,
memorizzazione di fatti aritmetici, calcolo accurato o fluente, anche le
difficoltà nel ragionamento matematico corretto.
2.12 Il codice nosografico F81.8 si riferisce a un DSA?
Secondo il manuale diagnostico ICD-10 il codice F81.8 è un disturbo
specifico («Altri disturbi evolutivi
delle abilità scolastiche»), ma non tutti i disturbi che rientrano in
questa categoria sono contemplati nella L.170/2010. Questo codice può infatti
essere utilizzato per la Disgrafia (nel caso non ci sia un disturbo della
coordinazione motoria) e solo in quel caso attivare la L.170/2010.
2.13 Il codice nosografico F81.9 si riferisce a un DSA?
No, il codice F81.9 si riferisce ad un disturbo dell’apprendimento non
specifico («Disturbi evolutivi delle
abilità scolastiche non specificati»), di conseguenza non contemplato dalla
L.170/2010.
35
Secondo il manuale diagnostico ICD-10 il codice da utilizzare è F81.3 («Disturbo misto delle abilità scolastiche»),
mentre l’Accordo Stato-Regioni (2012) all’art.3 c. 2 indica che vanno
utilizzati i codici compresi nella categoria F81, con la dicitura esplicita del
DSA in oggetto.
Anche il DSM-5 prevede che vengano specificati «tutti gli ambiti scolastici e
le capacità che sono compromessi. Quando è compromesso più di un ambito,
ciascuno di essi deve essere codificato singolarmente».
Tab.1 - Codici nosografici dei
DSA
Codice nosografico ICD-10
|
Definizione
secondo ICD-10
|
Tipo di disturbo
|
|
F81.0
|
Disturbo specifico della lettura
|
Dislessia
|
|
|
|
|
|
F81.1
|
Disturbo specifico della
|
Disortografia
|
|
compitazione
|
|||
F81.2
|
Disturbo specifico delle
abilità
|
Discalculia
|
|
aritmetiche
|
|||
|
|
||
|
|
|
|
F81.8
|
Altri
disturbi evolutivi delle abilità
|
Disgrafia
|
|
scolastiche
|
|||
|
|
||
|
|
|
|
F81.3
|
Disturbi misti delle abilità
|
DSA in comorbidità
|
|
scolastiche
|
|||
|
|
||
|
|
|
2.15 Esiste il disturbo specifico della comprensione del testo?
No, non esiste un codice diagnostico specifico per il disturbo della
comprensione del testo, che riguarda l’abilità di cogliere efficacemente il
significato di un testo letto. Ad oggi i manuali nosografici di riferimento
(ICD-10 e DSM-5) permettono di utilizzare l’etichetta diagnostica della dislessia
in caso di compromissione della comprensione, anche in assenza di disturbo
della lettura.
36
Nell’ICD-10 al codice F81.0 «Disturbo specifico della lettura» si legge
che «vi possono anche essere deficit
della comprensione della lettura,
evidenziati da: a) un’incapacità di ricordare le cose lette; b) un’incapacità
di trarre conclusioni o inferenze dal materiale letto; c) l’uso di conoscenze
di carattere generale piuttosto che dell’informazione derivante dalla lettura,
nel rispondere a quesiti su una storia letta».
Nel DSM-5 i Disturbi Specifici dell’Apprendimento fanno capo ad un’unica
categoria diagnostica (codice 315), che comprende anche le difficoltà di
comprensione del testo scritto.
In Italia i componenti del PARCC (Panel di Aggiornamento e Revisione
della Consensus Conference, 2011)
hanno espresso pareri discordanti. Infatti, nella risposta al Quesito A8 al
punto A si afferma che: «Per quanto riguarda il disturbo della
comprensione del testo scritto, i componenti del PARCC non si sono trovati
concordi nell’assumere una posizione favorevole o contraria all’individuazione
di una categoria diagnostica aggiuntiva e indipendente nell’ambito dei DSA.
Si conferma dunque l’opportunità
di attendere più chiare indicazioni della sua indipendenza funzionale rispetto
ad altri disturbi (deficit nella decodifica, nella comprensione verbale, nelle
funzioni attentive ed esecutive, nelle abilità intellettive generali,
problematiche di tipo emotivo)».
2.16 Esiste il disturbo specifico della soluzione dei problemi?
No, non esiste una categoria diagnostica a sè stante per le difficoltà
di risoluzione dei problemi matematici (problem-solving
matematico) nei manuali nosografici di riferimento ICD-10 e DSM-5. Nel DSM-5 i
Disturbi Specifici dell’Apprendimento fanno capo ad un’unica
37
In Italia vi è accordo nel non considerare queste difficoltà come
appartenenti ai Disturbi Specifici dell’Apprendimento (Consensus Conference,
2007; PARCC, 2011). Infatti, nella risposta al Quesito A8 del PARCC al punto C si afferma che: «Per quanto riguarda le difficoltà nella soluzione di problemi matematici, si conferma l’opportunità, già
espressa nel documento della Consensus Conference 2007, di non considerarle
come appartenenti ai DSA».
2.17
Esiste il
disturbo specifico dell’apprendimento non verbale?
No, non esiste una categoria diagnostica a sè stante per il disturbo
dell’apprendimento non verbale (DANV, detto anche “sindrome non verbale” o “disturbo
visuo-spaziale”) nei manuali nosografici di riferimento ICD-10 e DSM-5. In
Italia non vi è accordo sul considerarlo un Disturbo Specifico dell’Apprendimento
(PARCC, 2011). Infatti, nella risposta al Quesito A8 del PARCC al punto B si
afferma che: «Anche per quel che concerne il Disturbo Specifico
di Apprendimento di tipo Non-Verbale, si ritiene che le conoscenze attualmente
disponibili siano ancora troppo frammentarie per pronunciarsi sulla sua
indipendenza da altri quadri disfunzionali (discalculia, disgrafia,
disortografia)».
2.18
Quali sono i disturbi che più frequentemente troviamo in comorbidità con
i DSA?
Dall’analisi della letteratura i disturbi che più frequentemente si
riscontrano in comorbidità con i DSA sono: il disturbo da deficit dell’attenzione/iperattività
(ADHD, codice ICD-10 F90 e codice 314
38
nel DSM-5) e i Disturbi Specifici
del Linguaggio (DSL, codice ICD-10 F80.0, F80.1 o F80.2 e codici 315.32 o
315.39 nel DSM-5) (Consensus Conference dell’Istituto Superiore di Sanità,
2011). Per una trattazione più estesa
si rimanda al documento di analisi della letteratura allegate alla CC-2011.
L’elevata comorbidità determina la marcata eterogeneità dei profili
funzionali e di espressività con cui i DSA si manifestano e comporta
significative ricadute sul versante dell’indagine diagnostica (CC-2007).
2.19
Con il
termine «disturbi
evolutivi specifici» si intendono
solo
i DSA?
No, i DSA fanno parte dei disturbi evolutivi specifici, ma non sono gli
unici. Fanno parte di questa categoria anche altri disturbi, quali i Disturbi
Specifici del Linguaggio (DSL), i Disturbi della Coordinazione Motoria (DCM),
etc. Inoltre, la direttiva ministeriale, per la comune origine nell’età
evolutiva, fa rientrare in questa categoria anche i disturbi dell’attenzione e
dell’iperattività, mentre il funzionamento intellettivo limite può essere
considerato al confine tra la disabilità e il disturbo specifico. Tutti questi
disturbi sono ricompresi nella categoria dei BES.
2.20 I DSA sono BES?
Sì. I DSA sono una categoria dei BES (Bisogni Educativi Speciali) poiché
fanno parte dei disturbi evolutivi specifici, determinano la comparsa di
bisogni educativi speciali e richiedono attenzioni didattiche ed educative
specifiche. Contrariamente agli altri disturbi evolutivi specifici (DSL, DCM,
etc.), i DSA sono oggetto di una specifica legge (L.170/2010), di un
conseguente decreto (D.M. 5669 del 12 luglio
39
2.21 Cosa si intende per procedura diagnostica?
La procedura diagnostica è un insieme di processi necessari per la
diagnosi clinica (classificazione nosografica) e per la diagnosi funzionale
(CC-2007).
2.22 Chi fa la certificazione di DSA?
L’équipe multidisciplinare. Nell’art.3 della
L.170/2010 si parla di «specialisti o
strutture accreditate». Nell’Accordo sancito in Conferenza Stato-Regioni
del 25 luglio 2012 si parla di «servizi
pubblici e soggetti accreditati»
(art.1 c.1), ma, nel caso i tempi fossero troppo lunghi o mancassero tali strutture, le Regioni possono accreditare anche le
équipe o le strutture private («ulteriori
soggetti privati», art.1 c.4). Questi devono dimostrare di disporre di un’équipe
multidisciplinare, composta da Neuropsichiatra Infantile, Psicologo,
Logopedista e eventualmente altri professionisti sanitari (art.2 c.1).
Ricordiamo che figure non sanitarie, quali pedagogisti, tutor degli
apprendimenti, counselor, etc., non
possono fare diagnosi cliniche, pertanto nemmeno la certificazione: la diagnosi
clinica in Italia è permessa solo a psicologi (L.56/89) e medici.
2.23 Cosa si intende per diagnosi nosografica?
La diagnosi nosografica è chiamata anche diagnosi clinica (per esempio
nella CC-2007) e rappresenta il processo attraverso il quale si giunge all’identificazione,
ossia all’etichetta diagnostica, del disturbo.
Il PARCC (2011) chiama questo processo clinico “classificazione
dia-gnostica”, che «consiste in una
valutazione guidata dalla ricerca dei cri-
40
teri che portano all’identificazione
dei Disturbi e alla loro collocazione nell’ambito di un sistema nosografico –
nel caso dei DSA questi sistemi sono costituiti dal DSM-5 e dall’ICD-10».
Nella CC-2007 la diagnosi nosografica di DSA è distinta in due fasi: la
prima esamina i criteri diagnostici di inclusione, la seconda di esclusione.
Nella prima fase si rilevano pertanto il livello cognitivo generale e le
competenze strumentali di lettura, scrittura e calcolo, che permettono al
clinico di verificare la presenza degli elementi diagnostici corrispon-denti a
un codice nosografico e di formulare un’ipotesi diagnostica (CC-2007;
PARCC-2011).
Nella seconda fase vengono disposte quelle indagini atte a considerare i
cosiddetti fattori di esclusione, ossia la presenza di patologie o anoma-lie
sensoriali, neurologiche, cognitive e di gravi psicopatologie.
Lievi alterazioni a livello elettrofisiologico, neurofunzionale e
neuroa-natomico sono compatibili con la diagnosi di DSA e non vanno pertanto
considerate come criteri di esclusione (PARCC-2011, quesito A1).
«Una particolare attenzione deve
essere posta nella indagine anam-nestica che deve indagare, oltre alle
classiche aree di raccolta delle informazioni, lo sviluppo visivo e uditivo,
tenendo conto del bilancio di salute operato dal pediatra o dal medico curante
del bambino. Dai dati acquisiti in questa fase, il clinico è in grado di
valutare, dopo la verifica strumentale relativa alla presenza dei sintomi di
inclusione, se indicare ulteriori accertamenti relativi ai criteri di esclusione»
(CC-2007).
2.24 Cosa si intende per diagnosi funzionale?
La diagnosi funzionale descrive il profilo di funzionamento, completa la
diagnosi clinica ed è contenuta nella relazione clinica. La necessità
41
L’approfondimento del profilo del disturbo è fondamentale per la
qualificazione funzionale del disturbo e per comprendere meglio le
caratteristiche del soggetto. È inoltre essenziale per la presa in carico e per
la stesura di un progetto riabilitativo, necessario all’intervento
riabilitativo/abilitativo (CC-2007 e Accordo Stato-Regioni, art.3 c.2, 2012).
«Evidenziare ciò che di
particolare vi è nel singolo caso è pertinente ai Disturbi rubricati nei manuali diagnostici e al campo dei DSA in cui,
però, dovrebbe essere integrata con una “descrizione di un profilo di abilità”
- finalizzato alla progettazione di aiuti allo sviluppo ottimale delle capacità»
(PARCC-2011, quesito C3).
La diagnosi funzionale interessa la valutazione delle abilità
fondamentali o complementari (linguistiche, percettive, prassiche,
visuomotorie, attentive, mnestiche), dei fattori ambientali e delle condizioni
emotive e relazionali (CC-2007); comprende inoltre l’esame della comorbidità,
intesa sia come co-occorrenza di altri disturbi specifici dell’apprendimento
sia come compresenza di altri disturbi evolutivi (ADHD, disturbi del
comportamento, dell’umore, etc.) (CC-2007).
2.25 Quali elementi deve
contenere una diagnosi di DSA?
«Nel campo dei DSA la relazione
clinica, che comunica la “formulazione diagnostica”,
ha lo scopo di creare un ritratto completo dell’individuo composto sia dai dati
che emergono da varie fonti (bambino, genitori, insegnanti, etc) che dal “profilo
di abilità” dell’individuo al fine di costruire una “alleanza per lo sviluppo”
tra bambino/famiglia,
42
«Un documento clinico che
restituisce a uno studente e alla sua famiglia un percorso di valutazione per un problema di DSA dovrebbe contenere le
seguenti parti», per le quali si rimanda al documento originale: informazioni di identificazione del
valutatore, motivo dell’invio, anamnesi e background, altri report, condizioni
della valutazione, osservazioni sul comportamento, risultati ai test,
classificazione diagnostica, riassunto, suggerimenti per la elaborazione di un
progetto di aiuti allo sviluppo (PARCC, 2011).
A tal fine è necessario che la diagnosi di DSA venga redatta sulla base
del modello di certificazione allegato all’Accordo Stato-Regioni del 25 luglio
2012.
2.26 Cosa si intende per équipe multidisciplinare?
L’équipe multidisciplinare per la certificazione di DSA è costituita da
«neuropsichiatri infantili, psicologi e
logopedisti, eventualmente integrati
da altri professionisti sanitari e modulabile a seconda delle fasce di età»
(art. 2, c.1, Accordo Stato-Regioni 25/07/2012).
2.27 Cosa si intende per professioni sanitarie?
Sono professioni sanitarie quelle che lo Stato italiano riconosce e che,
in forza di un titolo abilitante, svolgono attività di prevenzione, diagnosi,
cura e riabilitazione. Per la lista completa si rimanda al sito del Ministero
della Salute.
2.28 Lo psicologo può fare diagnosi di DSA?
Si, la diagnosi è tra le attività
previste dalla legge istitutiva dello
43
Ai fini dell’erogazione delle misure dispensative e
degli strumenti compensativi previsti dalla L. 170/2010, tale diagnosi deve
avere valore certificatorio.
Tutti i servizi pubblici sono autorizzati a
rilasciare certificazioni, mentre per il privato le eventuali modalità di
accreditamento per poter rilasciare tale certificazione variano di regione in
regione.
2.29 La diagnosi di DSA dello psicologo ha valore legale?
Come tutte le diagnosi effettuate in ambito
clinico, anche la diagnosi di DSA dello psicologo ha valore legale, ai sensi
della L.56/89, e comporta un’assunzione di responsabilità civile e penale di
chi la redige nei confronti del proprio paziente.
2.30 Quando può essere effettuata una diagnosi di DSA?
Per la Dislessia, Disgrafia e Disortografia è
possibile effettuare una diagnosi di DSA (e quindi rilasciare la relativa
certificazione) dalla fine della classe seconda della scuola primaria.
Per la Discalculia è necessario attendere la fine
della classe terza, come già suggeriva la CC-2007 e conferma il PARCC-2011
(quesito A5.C), soprattutto per evitare l’individuazione di falsi positivi.
2.31 Può essere anticipata la diagnosi di DSA?
Prima della fine della classe seconda primaria l’elevata variabilità
inter-individuale nei tempi di acquisizione non consente una applicazione dei
valori normativi di riferimento che abbia le stesse caratteristiche di
atten-dibilità riscontrate ad età superiori (CC-2007).
44
Per quanto riguarda Dislessia e Disortografia il
PARCC scoraggia l’antici-pazione della diagnosi, a causa della mancanza di
prove diagnostiche e/o di screening sufficientemente predittive (PARCC-2011,
Quesito A5.A).
La CC-2007 per la lettura sottolineava: «già alla fine del 1° anno della scuola
primaria può capitare di valutare bambini con profili funzionali così
compromessi e in presenza di altri specifici indicatori diagnostici (pregresso
disturbo del linguaggio, familiarità accertata per il disturbo di lettura), che
appare possibile e anche utile anticipare i tempi della formulazione
diagnostica, o comunque, se non di una vera diagnosi, di una ragionevole
ipotesi diagnostica, prevedendo necessari momenti di verifica successivi».
Anche il PARCC (2011) ritiene opportuno, in presenza di prestazioni
significativamente al di sotto dei valori normativi in prove di lettura e
scrittura somministrate prima della fine della seconda classe, cominciare ad
attivare interventi di recupero che coinvolgano la scuola e la famiglia
(PARCC-2011, Quesito A5.A).
Nel caso siano presenti ulteriori indicatori di specificità e/o di
rischio, quali familiarità per DSA, pregresso o concomitante DSL, prestazioni
fortemente deficitarie in prove sulle abilità metafonologiche, è possibile
attivare interventi anche a livello riabilitativo (PARCC-2011, quesito A5.B).
Per quanto riguarda la Disgrafia è possibile anticipare la diagnosi solo
in caso di tratto grafico irregolare e poco leggibile anche in stampato,
mancato rispetto di margini e righe, lettere di dimensioni fortemente
irregolari, mancata discriminazione degli allografi in stampato (PARCC-2011,
quesito A5.D).
45
Alla scuola primaria si intende l’individuazione, all’interno di un’ampia
popolazione, dei bambini che mostrano degli indicatori di rischio e che vanno
quindi indirizzati ad approfondimenti clinici specifici per confermare o
escludere una diagnosi di DSA. Come sottolinea la nota del MIUR 1552 del 27
giugno 2013, «lo scopo di tali attività
di individuazione precoce è quello di
calibrare sempre meglio gli interventi educativi e le strategie didattiche, (…)
restando di competenza degli specialisti del settore clinico (medici,
psicologi, terapisti) l’esame diagnostico, la cura e gli interventi
riabilitativi».
È compito delle scuole di ogni ordine e grado, comprese le scuole dell’infanzia,
attivare, previa apposita comunicazione alle famiglie interessate, interventi tempestivi,
idonei ad individuare i casi sospetti di DSA negli alunni, sulla base dei
protocolli regionali (art.3 c.3, L.170/2010).
2.33 È corretto parlare di prevenzione nell’ambito dei DSA?
Essendo i DSA disturbi di origine neurobiologica, parlare di prevenzione
non è corretto e può costituire una forzatura. È possibile però, attraverso un’individuazione
precoce del disturbo, intervenire tempestivamente e migliorare non solo la
prognosi, ma anche prevenire gli effetti del disturbo sulle variabili psicologiche
(emotive, motivazionali, etc.), riducendo il rischio di psicopatologia
associata nonché di drop-out
scolastico.
46
sufficiente fare le prove di lettura e valutare l’efficienza
intellettiva?
No, quando si sospetta la
presenza di un DSA occorre indagare anche altre funzioni neuropsicologiche, per
completare l’inquadramento diagnostico e valutare eventuali comorbidità. Vista
l’elevata compresenza di diversi DSA, occorre verificare la possibile presenza
di disturbi di apprendimento associati (PARCC-2011, quesito A7.A). Quindi,
anche quando il motivo d’invio è la difficoltà nella lettura, oltre alle prove
di lettura di brano, parole e non parole di accertata validità psicometrica, occorre
indagare anche la scrittura e la matematica.
Sebbene il PARCC-2011 indichi che ai fini della diagnosi nosografica non
sia necessario valutare altre funzioni neuropsicologiche, se non linguaggio e
attenzione, l’Accordo Stato-Regioni (art.3 c.2) specifica che la diagnosi di
DSA deve essere necessariamente funzionale.
Pertanto in caso di Dislessia occorre indagare anche memoria verbale
(soprattutto fonologica), attenzione (soprattutto visiva), linguaggio (a tutti
i livelli di organizzazione, eventualmente con breve screening iniziale da
approfondire se emergono difficoltà), denominazione rapida, abilità
metafonologiche (accuratezza nelle prime classi, rapidità più avanti)
(PARCC-2011, quesito A7.D).
2.35 Per fare diagnosi di DSA, in caso di sospetta Disortografia, è
sufficiente fare le prove di scrittura e valutare l’efficienza
intellettiva?
No, quando si sospetta la presenza di un DSA occorre indagare anche
altre funzioni neuropsicologiche, per completare l’inquadramento
47
diagnostico e valutare eventuali comorbidità. Vista l’elevata
compresenza di diversi DSA, occorre verificare la possibile presenza di
disturbi di apprendimento associati (PARCC-2011, quesito A7.A). Quindi, anche
quando il motivo d’invio è la difficoltà nella scrittura, occorre indagare
anche la lettura e la matematica.
Sebbene il PARCC-2011 indichi che ai fini della diagnosi nosografica non
sia necessario valutare altre funzioni neuropsicologiche, se non linguaggio e
attenzione, l’Accordo Stato-Regioni (art.3 c.2) specifica che la diagnosi di
DSA deve essere necessariamente funzionale.
Pertanto in caso di Disortografia occorre indagare anche i prerequisiti
dell’apprendimento (integrazione visuo-motoria e abilità metafonologiche), le
abilità di attenzione visiva e uditiva, la memoria a breve termine verbale
(PARCC-2011, quesito A7.E).
2.36 Per fare diagnosi di DSA, in caso di sospetta Disgrafia, è
sufficiente fare le prove di grafia e valutare l’efficienza
intellettiva?
No, quando si sospetta la presenza di un DSA occorre indagare anche
altre funzioni neuropsicologiche, per completare l’inquadramento dia-gnostico e
valutare eventuali comorbidità. Vista l’elevata compresenza di diversi DSA,
occorre verificare la possibile presenza di disturbi di apprendimento associati
(PARCC-2011, quesito A7.A). Quindi, anche quando la difficoltà motivo d’invio è
la scrittura, occorre indagare anche la lettura e la matematica.
Sebbene il PARCC-2011 indichi che ai fini della diagnosi nosografica non
sia necessario valutare altre funzioni neuropsicologiche, se non lin-guaggio e
attenzione, l’Accordo Stato-Regioni (art.3 c.2) specifica che la
48
Pertanto in caso di Disgrafia occorre indagare anche le abilità motorie
generali e fino-manuali, le competenze visuo-motorie e visuo-percettive, l’attenzione
visiva selettiva e sostenuta, la memoria motoria e la qualità dell’apprendimento
motorio (PARCC-2011, quesito A7.F).
2.37
Per fare diagnosi di DSA, in caso di sospetta Discalculia, è sufficiente
fare le prove di matematica e valutare l’efficienza intellettiva?
No, quando si sospetta la presenza di un DSA occorre indagare anche
altre funzioni neuropsicologiche, per completare l’inquadramento diagnostico e
valutare eventuali comorbidità. Vista l’elevata compresenza di diversi DSA,
occorre verificare la possibile presenza di disturbi di apprendimento associati
(PARCC-2011, quesito A7.A). Quindi, anche quando il motivo d’invio è la
difficoltà in matematica, occorre indagare anche la scrittura e la lettura.
Sebbene il PARCC-2011 indichi che ai fini della diagnosi nosografica non
sia necessario valutare altre funzioni neuropsicologiche, se non linguaggio e
attenzione, l’Accordo Stato-Regioni (art.3 c.2) specifica che la diagnosi di
DSA deve essere necessariamente funzionale.
Pertanto in caso di Discalculia, per esempio in presenza di errori nell’incolonnamento
dei numeri, andrebbero esplorate anche le abilità prassiche e l’organizzazione
visuo-spaziale (PARCC-2011, quesito A7.G).
2.38 Come scegliere gli strumenti diagnostici?
La scelta
degli strumenti è rimandata alla discrezionalità del clinico.
49
La Consensus Conference del
2007 indicava due direttive da seguire. La prima è che lo strumento scelto deve
avere buone proprietà di validità e affidabilità, quindi deve avere norme
italiane aggiornate e rappresentative della popolazione a cui il soggetto
esaminato appartiene per età e genere. La seconda richiama alla libertà e
responsabilità del clinico stesso nella scelta di tali strumenti. Ne consegue
che il clinico che si occupa di apprendimento deve avere delle conoscenze
psicometriche di base che gli permettano di fare una scelta critica e
responsabile dei test che andrà a somministrare; deve tenersi aggiornato sui
nuovi strumenti e lo studio del capitolo sull’analisi dei dati deve diventare
una premessa indispensabile al fine del loro impiego nel processo diagnostico.
L’utilizzo meccanico delle norme, ad esempio la non considerazione dell’errore
di misura, e quindi dell’intervallo di fiducia del punteggio ottenuto, o l’uso
dell’indice errato (percentile versus punti
z), può portare a rigide applicazioni che si potrebbero tradurre in errori grossolani che vanno a discapito della qualità
e bontà della diagnosi.
2.39 Come si
valuta l’efficienza intellettiva nel fare diagnosi di
DSA?
Verificare che l’efficienza intellettiva sia almeno nella norma è uno
dei criteri fondamentali per fare diagnosi di DSA. È possibile utilizzare due
tipologie di prove: prove monocomponenziali, come le matrici di Raven (CPM o
SPM) e la Leiter, e test multicomponenziali, come la WISC e la WAIS.
Nel PARCC (2011) si afferma che «nonostante
sia auspicabile e consigliabile
utilizzare test multicomponenziali, è possibile utilizzare
50
un quoziente mono-componenziale» (quesito
A1.A). Nel caso si ottenga un
quoziente inferiore a 85 in una prova di tipo monocomponenziale è necessario
procedere anche con un test di tipo multicomponenziale (quesito A1.C). Per i
bambini di età inferiore agli 8 anni lo stesso documento raccomanda di
verificare sempre sia l’ambito verbale sia di performance (quesito A1.D).
Dato che al punto E dello stesso quesito viene
indicato che la diagnosi funzionale deve includere una descrizione del
funzionamento intellettivo verbale e non verbale (in base a test
standardizzati), si raccomanda di utilizzare sempre un test multicomponenziale,
tenendo conto di eventuali penalizzazioni dovute a compromissioni in ambito
verbale, grafico, etc.
2.40
Lettura, scrittura e calcolo: quando è opportuno utilizzare le deviazioni
standard e/o i percentili?
La scelta degli indici statistici da utilizzare, e
quindi da riportare nella relazione clinica, dipende dalla forma della
distribuzione dei dati. Per semplificare, le deviazioni standard sono
usualmente utilizzate per le misure di velocità, i percentili per le misure di
correttezza (errori). Come indicato nella Consensus
Conference dell’Istituto Superiore di Sanità (CC-ISS, 2011), «Si raccomanda, ai fini della diagnosi di
DSA, di continuare a utilizzare le
deviazioni standard (in particolare per i punteggi di rapidità, più normalmente
distribuiti) e i percentili (in particolare per i punteggi di accuratezza o di
errore, caratterizzati da distribuzioni asimmetriche), perché le proprietà
distribuzionali dei punteggi ai test garantiscono maggiore precisione rispetto
al riferimento al livello di scolarità. La funzione che descrive l’evoluzione
51
delle competenze con la
scolarizzazione è infatti troppo poco lineare per permettere di calcolare ed
esprimere misure significative di ritardo nell’apprendimento (un divario di 3
anni nella scuola primaria è, per esempio, ben più significativo di un divario
di 3 anni nella scuola superiore)» (CC-ISS,
2011, quesito A1.5, pag. 22).
Per approfondimenti sul dibattito attuale riguardo alle misure di
rapidità e velocità e all’opportunità di utilizzare i percentili anche per le
misure di rapidità si rimanda alla letteratura specifica in merito.
2.41
Quando è opportuno richiedere approfondimenti di diagnostica
strumentale?
Ai fini della diagnosi di DSA è necessario escludere un deficit organico
sensoriale per cui, in presenza di segni/sintomi specifici rilevati dal
clinico, sarà necessaria una valutazione audiologica e/o oculistica, come
suggerito dal PARCC (2011).
2.42 Perché esistono diagnosi tardive?
Le diagnosi tardive potrebbero essere dovute alle buone competenze
cognitive globali degli allievi, che si dimostrerebbero quindi in grado di
compensare il disturbo. Può anche capitare che in talune situazioni tali alunni
in difficoltà vengano scambiati per svogliati, pigri e poco motivati e per
questo individuati tardivamente.
2.43 Che differenza c’è tra diagnosi e certificazione?
Nella nota 2563 del 22 novembre 2013 il MIUR fornisce una distinzione
tra diagnosi e certificazione: «Per “certificazione”
si intende un documento, con valore
legale, che attesta il diritto dell’interessato ad
52
avvalersi delle misure previste
da precise disposizioni di legge – nei casi che qui interessano: dalla Legge
104/92 o dalla Legge 170/2010 - le cui procedure di rilascio ed i conseguenti
diritti che ne derivano sono disciplinati dalle suddette leggi e dalla
normativa di riferimento.
Per “diagnosi” si intende invece
un giudizio clinico, attestante la presenza di una patologia o di un disturbo,
che può essere rilasciato da un medico, da uno psicologo o comunque da uno
specialista iscritto negli albi delle professioni sanitarie». A questo proposito si ricorda che
in Italia soltanto gli psicologi (L.56/89) e i medici possono rilasciare
diagnosi cliniche.
Nel caso di disturbi clinici (vedi classificazioni diagnostiche dei
ma-nuali nosografici di riferimento, ossia ICD-10 e DSM-5) che non dan-no
diritto all’attivazione della L.104/92 o della L.170/2010 (come per esempio
disturbi del linguaggio, disturbi della coordinazione motoria, etc.) si parla
quindi di diagnosi e non di certificazione.
2.44 Chi può rilasciare la certificazione di DSA?
Le strutture sanitarie pubbliche e i soggetti privati accreditati sono
autorizzati a rilasciare le certificazioni di DSA. Dove non è possibile
effettuare la diagnosi con valore di certificazione nel servizio pubblico, l’art.3
c.1 della L.170/2010 prevede la possibilità di effettuare la certificazione
anche presso soggetti privati accreditati. L’Accordo Stato-Regioni del 25 luglio
2012 indica che le Regioni devono accreditare ulteriori strutture private
quando la diagnosi, con valore di certificazione, non viene effettuata in tempi
utili e comunque quando il tempo richiesto per il completamento dell’iter
diagnostico supera i 6 mesi, ai sensi del D.Lgs. 502/92.
53
Per le modalità di accreditamento del privato nelle varie regioni
italiane occorre far riferimento alle specifiche normative regionali.
Gli psicologi (L.56/89) e i medici possono comunque rilasciare diagnosi
cliniche.
2.45 La certificazione di DSA ha una scadenza?
La L.170/2010 e il D.M. 5669 del 12.07.2011 non riportano indicazioni in
merito. Secondo il DSM-5 non è necessario ripetere la valutazione, se non in
casi particolari: «Dal momento che il
disturbo specifico dell’apprendimento
persiste tipicamente in età adulta, di rado si rende necessaria una
rivalutazione, a meno che non sia indicata a causa di marcati cambiamenti nelle
difficoltà di apprendimento (miglioramento o peggioramento) e di richieste per
scopi specifici». Anche l’Accordo Stato-Regioni
del 25.07.2012 (art.3) non indica una data di scadenza della diagnosi, ma
sottolinea la necessità che venga aggiornato il profilo di funzionamento (vedi
modello di certificazione allegato all’Accordo Stato-Regioni), «al passaggio da un ciclo scolastico all’altro e comunque, di norma, non prima di
tre anni dal precedente» e «ogni
qualvolta sia necessario modificare l’applicazione degli strumenti didattici e valutativi necessari,
su segnalazione della scuola alla famiglia o su iniziativa della famiglia».
Infatti, alunni con DSA diagnosticati
alla scuola primaria, in virtù della diversa espressività del disturbo durante
la crescita, degli effetti di interventi di trattamento, dell’acquisizione di
strategie compensatorie o strumenti, possono necessitare di misure di aiuto
diverse nell’arco del percorso scolastico; in tal caso la rivalutazione del
profilo funzionale permette di scegliere gli interventi più adatti.
54
categoria diagnostica?
No. Nell’accordo Stato-Regioni (25/07/2012, art.3 c.2) si precisa
chiaramente che «La certificazione deve
contenere informazioni necessarie per
stilare una programmazione educativa e didattica che tenga conto delle difficoltà
del soggetto […] la menzione della categoria diagnostica non è infatti
sufficiente per la definizione di quali misure didattiche siano appropriate per
il singolo soggetto». A tal proposito è
determinante procedere, oltre alla diagnosi nosografica, ad una diagnosi
funzionale.
2.47
Il clinico deve indicare nella relazione diagnostica anche gli strumenti
più idonei da inserire nel PDP?
La relazione diagnostica deve contenere le informazioni necessarie per
stilare una programmazione educativa e didattica che tenga conto delle
difficoltà del soggetto e preveda l’applicazione mirata delle misure previste
dalla legge. La menzione della categoria diagnostica non è infatti sufficiente
per la definizione di quali misure didattiche siano appropriate per il singolo soggetto
(art.3 c.2 Accordo Stato-Regioni del 24/07/2012). Per la stesura della
relazione si consiglia di rifarsi al modello allegato all’Accordo.
2.48 Lo psicologo, nel fare diagnosi di DSA, è tenuto a rispettare le
indicazioni dell’Accordo Stato-Regioni e quelle dell’Istituto Superiore di
Sanità?
Sì, il lavoro deve essere comunque multidisciplinare e seguire tutti i
dettami delle Linee guida e delle Consensus
Conference sul tema
55
(Consensus Conference del
2007, PARCC del 2011, Consensus Conference dell’Istituto Superiore di
Sanità del 2011), oltre alle indicazioni
dell’Accordo Stato-Regioni (24/07/2012).
2.49 Cosa si intende per trattamento?
Si intende un intervento specialistico riabilitativo di tipo clinico,
poiché essendo i DSA disturbi di natura neurobiologica complessi non possono
essere gestiti unicamente dalla scuola con interventi di potenziamento
didattico.
Il trattamento è di competenza dello psicologo, o di altra figura
sanitaria, con una adeguata formazione in diagnosi e riabilitazione dei DSA.
56
CAPITOLO 3
I DSA E GLI ALTRI BES A SCUOLA
La didattica inclusiva è un processo ordinario, non dato dall’emergenza,
che si riferisce alla globalità delle sfere educativa e sociale. La presenza in
classe della “diversità” esige diversità anche nella progettazione didattica: i
docenti devono essere in grado di impostare processi di apprendimento adeguati
a tutti gli alunni, per rispondere alle loro esigenze e alle loro potenzialità.
Per questo «è sempre più urgente adottare una didattica che sia ‘denominatore
comune’ per tutti gli alunni e che non lasci indietro nessuno: una didattica
inclusiva più che una didattica speciale» (Direttiva MIUR 27.12.2012).
A tal fine le scuole possono adottare tutte le forme di flessibilità che
ritengono opportune (DPR.275/99, art. 4, c.2) per favorire percorsi
personalizzati adatti alle capacità di ciascuno. «Le finalità della scuola devono
essere definite a partire dalla persona che apprende (…) le strategie
didattiche devono sempre tener conto della singolarità e della complessità di
ogni persona, delle sue capacità, delle sue fragilità nelle diverse fasi di
sviluppo» (Indicazioni nazionali per il curricolo, 2012). Il Piano Didattico Personalizzato (PDP)
è un documento in cui viene scritto quanto rilevato e cosa dovrebbe venir fatto
a scuola nei confronti dell’alunno con DSA: riporta le difficoltà e le
potenzialità dello studente, le azioni intraprese dai docenti, i contenuti
degli incontri scuola/
57
famiglia e i risultati raggiunti. La redazione del documento prevede una
fase preparatoria di dialogo fra docenti, famiglia e clinici (se invitati e
autorizzati a partecipare), nel rispetto dei reciproci ruoli e competenze.
3.1 Per gli alunni con BES è necessaria una certificazione?
Dipende dal tipo di difficoltà che dà luogo al bisogno educativo
specia-le. Ricordiamo che l’acronimo BES (Bisogni Educativi Speciali) è un
termine “ombrello” all’interno del quale possiamo distinguere tre situa-zioni
diverse:
1) alunni che richiedono il diritto dell’attivazione della L.104/92
(Di-sabilità) o della L.170/2010 (DSA), per i quali è necessaria la
certifica-zione;
2)
alunni che presentano altri
disturbi clinici che non danno diritto all’attivazione né della L.104/92 né
alla L.170/2010, ma che sono ri-compresi tra le classificazioni diagnostiche
dei manuali nosografici di riferimento ICD-10 e DSM-5 (a titolo di esempio, gli
alunni con DCM, DSL, Spettro autistico ad alto funzionamento, etc.) e per i
quali è auspi-cabile presentare una diagnosi con profilo funzionale;
3)
alunni che non necessitano di
alcuna certificazione né diagnosi che rientrano nell’area dello svantaggio
socioeconomico, linguistico e culturale individuati dalla scuola come indicato
nella C.M. n. 8 del 06/03/2013.
Indipendentemente dalle diagnosi o certificazioni, la scuola deve farsi
carico delle difficoltà mostrate dall’alunno, in linea con le finalità di tutta
la normativa sui BES.
58
La Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 prevede per i BES tutte
le misure di intervento previste per i DSA (piani personalizzati, strumenti
compensativi, misure dispensative, valutazione ad hoc). Infatti, afferma che «le scuole – con determinazioni assunte dai
Consigli di classe, risultanti dall’esame
della documentazione clinica presentata dalle famiglie e sulla base di
considerazioni di carattere psicopedagogico e didattico – possono avvalersi per
tutti gli alunni con bisogni educativi speciali degli strumenti compensativi e
delle misure dispensative previste dalle disposizioni attuative della Legge
170/2010 (D.M. 5669/2011)».
3.3 Un alunno con BES può avere l’insegnante di sostegno?
Solo se è in possesso di una certificazione ai sensi della Legge
104/1992. È possibile che alcuni alunni con DSA abbiano diritto all’insegnante
di sostegno sulla classe, in virtù della comorbidità con altri disturbi e di un
quadro funzionale particolarmente grave. In tali casi il riferimento normativo
non è più la L.170/2010, bensì la L.104/1992, quindi diviene necessario un
verbale di accertamento ai fini dell’integrazione scolastica, come previsto
dalla L.104/1992.
3.4 Chi decide come attuare a scuola la normativa sui BES?
Decide la scuola. I BES includono molte situazioni, non sempre riferibili
a diagnosi, vedi per esempio le situazioni di svantaggio socio-culturale. È
sempre la scuola, tramite il consiglio di classe o il team di docenti, che
decide quali misure attuare e come formalizzarle, dopo aver valutato eventuali
indicazioni del clinico o in seguito a
59
considerazioni di carattere pedagogico e didattico. Nel caso dei DSA è
la legge (L.170/2010, art.5) che prevede tra i diritti l’attuazione degli
strumenti compensativi e delle misure dispensative e la stesura di un Piano
Didattico Personalizzato (Linee Guida allegate al D.M.5669 del 12 luglio 2011).
Tale piano è redatto dalla scuola e firmato dal dirigente, dagli insegnanti e
dalla famiglia.
3.5 La normativa sui BES si applica anche agli studenti
universitari?
Solo quella sui DSA, come riportato al capitolo 6.7 delle Linee guida
per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con DSA.
3.6
La normativa sui BES e DSA si applica anche agli studenti delle scuole
serali?
La materia non è disciplinata da
alcuna norma.
3.7 Un alunno con ADHD può beneficiare della L.170/2010?
A seconda del grado di compromissione funzionale l’alunno con ADHD (nell’ICD-10
codice F90.0 “Disturbo dell’attività e dell’attenzione”) può avere diritto all’applicazione
della L.104/92 (disabilità), della L.170/2010 (nel caso di comorbidità con un
DSA) o della Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 sui BES (nel caso si
presenti come disturbo a sé stante che non rientra nei casi previsti dalla
L.104/92). In quest’ultimo caso può comunque beneficiare degli aiuti previsti
per i DSA per le sue difficoltà scolastiche.
60
della L.170/2010?
Il Disturbo Specifico del Linguaggio si avvale della normativa sui BES
nel caso si presenti come disturbo a sé stante, l’alunno può comunque
beneficiare degli aiuti previsti per i DSA per le difficoltà scolastiche
conseguenti al disturbo. Data l’elevata comorbiditá con i DSA, nel caso di
compresenza dei due disturbi, ha diritto anche all’applicazione della
L.170/2010.
3.9
Da quali normative sono tutelati gli alunni con DSA in ambito
scolastico?
Sia dalla specifica legge sui DSA (L.170/2010) e dal decreto D.M.5669
del 12 luglio 2011 con le allegate Linee guida, sia da tutta la normativa sui
BES (Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 e successive circolari).
3.10
Se un alunno ha già una certificazione di DSA emessa dal privato
accreditato o dal servizio pubblico di un’altra regione, tale certificazione
può essere ritenuta valida dalla scuola ai fini dell’applicazione della
L.170/2010?
Sì, se è una certificazione redatta ai sensi della L.170/2010 e conforme
all’Accordo Stato-Regioni (2012) deve essere ritenuta valida in tutte le scuole
del territorio nazionale.
3.11 La Legge 170/2010 è compatibile con l’insegnante
di sostegno?
No. Per i DSA sono previste misure didattiche, quali personalizzazione
del piano di studi, strumenti compensativi e misure dispensative,
61
valutazione ad hoc, ma non è previsto l’insegnante di sostegno. È
possibile che ad alcuni alunni con DSA sia stato assegnato l’insegnante di
sostegno sulla classe, in virtù della comorbidità con altri disturbi e di un
quadro funzionale particolarmente grave che ha comportato una certificazione ai
sensi della L.104/1992.
3.12 Una volta ottenuta la
certificazione di DSA, cosa deve fare
la famiglia perché vengano
attuati gli aiuti previsti dalla L.170/2010?
La famiglia deve consegnare la certificazione di DSA alla scuola
(Dirigente scolastico o Segreteria), chiedendo che venga protocollata. Essa
potrà essere accompagnata da una liberatoria per consentire l’utilizzo della
stessa da parte di tutti i componenti del team di classe (o consiglio di
classe) e dal referente per i DSA, ai fini della stesura del
PDP.
3.13
Se la famiglia è in possesso di una diagnosi di DSA, ma non della
certificazione, cosa deve fare affinché vengano attuati gli aiuti previsti
dalla L.170/2010? La scuola può rifiutarsi di attuare gli aiuti previsti dalla
L.170/2010?
La famiglia deve consegnare la diagnosi di DSA alla scuola (Dirigente
scolastico o Segreteria), chiedendo che venga protocollata. Essa potrà essere
accompagnata da una liberatoria per consentire l’utilizzo della stessa da parte
di tutti i componenti del team di classe (o consiglio di classe) e dal
referente per i DSA, ai fini della stesura del PDP.
È a discrezione della scuola (consiglio di classe o team di docenti)
procedere alla formalizzazione degli interventi che, in caso di diniego,
62
deve motivare formalmente. La scelta quindi è se formalizzare (per
esempio nella realizzazione di un PDP) o non formalizzare, ma la
personalizzazione è comunque prevista da normative precedenti (DPR 275/1999,
art.4).
A tal proposito si rimanda alla Circolare
Ministeriale n.8 del 6 marzo 2013 che riporta: «per quanto riguarda gli alunni in possesso di una diagnosi di DSA rilasciata da una struttura
privata, si raccomanda - nelle more del rilascio della certificazione da parte
di strutture sanitarie pubbliche o accreditate – di adottare preventivamente le
misure previste dalla Legge 170/2010, qualora il Consiglio di classe o il team
dei docenti della scuola primaria ravvisino e riscontrino, sulla base di
considerazioni psicopedagogiche e didattiche, carenze fondatamente
riconducibili al disturbo. Pervengono infatti numerose segnalazioni relative ad
alunni (già sottoposti ad accertamenti diagnostici nei primi mesi di scuola)
che, riuscendo soltanto verso la fine dell’anno scolastico ad ottenere la
certificazione, permangono senza le tutele cui sostanzialmente avrebbero diritto.
Si evidenzia pertanto la necessità di superare e risolvere le difficoltà legate
ai tempi di rilascio delle certificazioni (in molti casi superiori ai sei mesi)
adottando comunque un piano didattico individualizzato e personalizzato nonché
tutte le misure che le esigenze educative riscontrate richiedono».
3.14 Chi deve redigere il PDP?
La redazione del PDP è di competenza della scuola, ossia dei docenti del
team di classe (nel caso di scuola primaria) e dei docenti del consiglio di
classe (nel caso di scuola secondaria). È prevista la collaborazione della
famiglia, come indicato nelle “Linee guida per il
63
diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi specifici
di apprendimento” allegate al Decreto 5669/2011: «Nella predisposizione della
documentazione in questione è fondamentale il raccordo con la famiglia, che può
comunicare alla scuola eventuali osservazioni...».
3.15
Entro quanto tempo dalla consegna della diagnosi va redatto il Piano
Didattico Personalizzato (PDP)?
Le “Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti
con disturbi specifici di apprendimento” allegate al Decreto 5669/2011 indicano
che di norma il Piano Didattico Personalizzato (PDP) va redatto entro il primo
trimestre dell’anno scolastico di riferimento. Nel caso in cui la diagnosi
venga presentata in corso d’anno il PDP deve essere redatto in tempo utile per
le valutazioni in itinere e finali. Si rammenta che negli anni terminali di
ciascun ciclo scolastico la diagnosi deve pervenire entro il 31 marzo.
3.16 Cosa deve contenere un PDP?
Le “Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti
con disturbi specifici di apprendimento” allegate al Decreto 5669/2011 indicano
che «… dovrà contenere almeno le seguenti
voci, articolato per le discipline
coinvolte dal disturbo: dati anagrafici dell’alunno; tipologia di disturbo;
attività didattiche individualizzate; attività didattiche personalizzate;
strumenti compensativi utilizzati; misure dispensative adottate; forme di
verifica e valutazione personalizzate».
Per ciascuna materia o ambito di studi vanno individuati gli obietti-vi
ed i contenuti fondamentali che l’allievo deve acquisire nell’anno scolastico.
Vanno precisate le strategie metodologico-didattiche a lui
64
più adatte, cioè che tengano
conto dei suoi tempi di elaborazione, di produzione, di comprensione delle
consegne. Inoltre, il volume delle at-tività di studio deve essere compatibile
con le sue specifiche possibilità, capacità e potenzialità. Quindi saranno
indicati anche la giusta quantità di compiti e di richieste in fase di verifica
e l’uso di mediatori didattici che possono facilitargli l’apprendimento
(immagini, schemi, mappe ...). Devono essere precisate le modalità di verifica
(per es., tempi più lunghi per le prove scritte; testo della verifica scritta
in formato digitale; riduzione/selezione della quantità di esercizi nelle
verifiche scritte; interrogazioni programmate, con supporto di mappe, cartine,
immagini, etc.; prove orali per compensare le prove scritte, …) e i criteri di
valutazione (per es. non valutazione degli errori ortografici; valutazione
delle conoscenze e non delle carenze; valutazione attenta più ai contenuti che
alla forma).
Un importante riferimento normativo per la valutazione dell’alunno con
DSA è l’art. 10 del DPR n. 122/2009 “Regolamento
recante coordinamento delle norme
vigenti per la valutazione”.
3.17
Cosa e quali sono gli strumenti compensativi per gli alunni con DSA?
Premettendo che ogni alunno con DSA ha caratteristiche proprie che richiedono
strumenti personalizzati adeguati, le “Linee guida per il diritto allo studio
degli alunni e degli studenti con disturbi specifici di apprendimento” allegate
al Decreto 5669/2011 specificano che «Gli
strumenti compensativi sono strumenti
didattici e tecnologici che sostituiscono o facilitano la prestazione richiesta
nell’abilità deficitaria. Fra i più noti indichiamo: la sintesi vocale, che
trasforma un compito di
65
lettura in un compito di ascolto;
il registratore, che consente all’alunno o allo studente di non scrivere gli
appunti della lezione; i programmi di video scrittura con correttore
ortografico, che permettono la produzione di testi sufficientemente corretti
senza l’affaticamento della rilettura e della contestuale correzione degli errori;
la calcolatrice, che facilita le operazioni di calcolo; altri strumenti
tecnologicamente meno evoluti, quali tabelle, formulari, mappe concettuali,
etc. Tali strumenti sollevano l’alunno o lo studente con DSA da una prestazione
resa difficoltosa dal disturbo, senza peraltro facilitargli il compito dal
punto di vista cognitivo. L’utilizzo di tali strumenti non è immediato e i
docenti - anche sulla base delle indicazioni del referente di istituto -
avranno cura di sostenerne l’uso da parte di alunni e studenti con DSA».
3.18 Cosa sono le misure dispensative per gli alunni con DSA?
Le “Linee guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti
con disturbi specifici di apprendimento” allegate al Decreto 5669/2011 (art. 3)
indicano che «Le misure dispensative sono
invece interventi che consentono all’alunno
o allo studente di non svolgere alcune prestazioni che, a causa del disturbo,
risultano particolarmente difficoltose e che non migliorano l’apprendimento.
Per esempio, non è utile far leggere a un alunno con Dislessia un lungo brano,
in quanto l’esercizio, per via del disturbo, non migliora la sua prestazione
nella lettura. Rientrano tra le misure dispensative altresì le interrogazioni
programmate, l’uso del vocabolario, poter svolgere una prova su un contenuto
comunque disciplinarmente significativo, ma ridotto o tempi più lunghi per le
verifiche. L’adozione delle misure dispensative, dovrà essere sempre valutata
sulla base dell’effettiva incidenza del disturbo sulle prestazioni
66
richieste, in modo tale da non
differenziare, in ordine agli obiettivi, il percorso di apprendimento dell’alunno
o dello studente in questione».
3.19
La dispensa dallo scritto di lingua straniera comporta poi un diploma
diverso?
No, è ammessa la dispensa dalle prove scritte di lingua straniera –
ricompresa esplicitamente tra le misure dispensative – senza che ne venga fatta
menzione nel titolo di studio.
3.20
Qual è la differenza tra dispensa e esonero dalla lingua straniera?
Quando si è dispensati dalla prova scritta di inglese, si dà luogo ad
una prova alternativa – solitamente orale – tesa ad accertare la competenza del
candidato in altra forma.
Per “esonero” si intende che il candidato non sostiene in alcun modo la
prova in questione. A tal punto si rientra nell’ambito del Piano di studi “differenziato”,
che non dà diritto al conseguimento del titolo di studio, ma a una mera
attestazione di frequenza.
3.21
Chi decide se adottare la dispensa dallo scritto della lingua straniera?
È in ultima analisi il Consiglio di Classe che ne decide l’adozione,
valutando le eventuali proposte di un docente di classe o della famiglia, su
indicazione di un clinico.
67
È in ultima analisi il Consiglio di Classe che ne decide l’adozione,
valutando le eventuali proposte di un docente di classe o della famiglia, su
indicazione di un clinico.
3.23 Da chi deve essere firmato il PDP?
Il Piano Didattico Personalizzato (PDP) deve essere firmato
necessariamente dal Dirigente scolastico, responsabile legale della scuola.
Dovrebbe inoltre essere firmato anche dagli insegnanti del team docenti o del
consiglio di classe e dalla famiglia.
3.24 Cosa succede se i genitori si rifiutano di firmare il PDP?
Se la famiglia rifiuta di firmare il PDP del figlio la scuola può
decidere di non adottare le misure dispensative e gli strumenti compensativi
previsti dalla legge.
L’eventuale non condivisione da parte dei genitori della stesura del PDP
non esime i docenti dal farsi carico delle difficoltà dell’alunno e dall’attivare
un percorso personalizzato non formalizzato, che rientra in una normale azione
didattica e non richiede l’acquisizione di un’autorizzazione ufficiale da parte
della famiglia.
3.25 Per quali studenti redigere un PDP?
Il PDP - nato per documentare i percorsi didattici individualizzati e
personalizzati necessari per aiutare gli studenti con DSA - dopo la Direttiva
Ministeriale del 27 dicembre 2012 può essere esteso anche agli allievi con
altri bisogni educativi speciali.
68
No. In base al punto 1.3 della Direttiva Ministeriale del 27 dicembre
2012 viene affermata «la necessità di
estendere a tutti gli alunni con
bisogni educativi speciali le misure previste dalla Legge 170 per alunni e
studenti con disturbi specifici di apprendimento», ma non viene menzionata esplicitamente la redazione di un PDP. La
circolare nr. 8 del 6 marzo 2013 cita testualmente che lo «strumento privilegiato è il
percorso individualizzato e personalizzato, redatto in un Piano Didattico
Personalizzato (PDP), che ha lo scopo di definire, monitorare e documentare –
secondo un’elaborazione collegiale, corresponsabile e partecipata - le
strategie di intervento più idonee e i criteri di valutazione degli
apprendimenti». Nella nota 2563 del 22
novembre 2013 (“Chiarimenti”) «si
ribadisce che, anche in presenza di
richieste dei genitori accompagnate da diagnosi che non hanno dato diritto alla
certificazione di disabilità e di DSA, il Consiglio di classe è autonomo nel
decidere se formulare o non formulare un Piano Didattico Personalizzato, avendo
cura di verbalizzare le motivazioni della decisione». Quindi l’obbligatorietà
vale solo in caso di BES che rientrano
nei DSA (L.170/2010) o nelle disabilità (L.104/92), mentre può essere deciso
autonomamente dalla scuola nel caso di altri disturbi (per esempio gli altri
disturbi evolutivi specifici non-DSA) o nel caso di svantaggio, sulla base di
motivazioni psicopedagogiche e/o didattiche che devono essere esplicitate.
In ogni caso, in presenza di difficoltà di apprendimento, la scuola deve
farsi carico di personalizzare il percorso di studi indipendentemente dalla sua
formalizzazione.
69
Se si è in presenza di una certificazione è obbligatoria l’attuazione di
un percorso didattico personalizzato. Secondo il DM n. 5669/11,
«La scuola garantisce ed
esplicita, nei confronti di alunni e studenti con DSA, interventi didattici
individualizzati e personalizzati, anche attraverso la redazione di un Piano
didattico personalizzato».
Le norme pongono quindi l’accento sull’obbligatorietà degli interventi
educativi a favore di alunni e studenti con DSA, senza vincolare alla redazione
di un unico modello di documentazione, ma un documento di programmazione è di
fatto obbligatorio. La mancata adozione del PDP o comunque di un percorso
didattico documentato e formalizzato, ove si verificasse, sarebbe ipotesi di
illegittimità assolutamente rilevante anche al fine di garantire il buon
andamento e la trasparenza dell’attività della P.A.
3.28
La presenza del clinico durante la stesura del PDP di un alunno con DSA
è obbligatoria?
No. La sua presenza può essere richiesta dalla famiglia, in tal caso la
scuola potrà autorizzarne la partecipazione, oppure dalla scuola, previo
consenso della famiglia. Il clinico in ogni caso, prima di intraprendere
qualsiasi azione che riguardi l’alunno, deve rispettare tutti gli obblighi di
legge e deontologici in tema di privacy, consenso informato, comunicazione di
dati e risultati, etc.
3.29 Il PDP va aggiornato? Ogni quanto tempo?
L’art.5 “Misure educative e
didattiche di supporto” comma 3 della L.170/2010 chiarisce che tutti gli
interventi didattici individualizzati e
70
personalizzati devono essere non
solo documentati, ma anche sottoposti periodicamente a monitoraggio per
valutarne l’efficacia e verificare il raggiungimento degli obiettivi. È
consigliabile, pertanto, che il PDP venga verificato dal team dei docenti o dal
consiglio di classe due o più volte l’anno (per esempio, in sede di scrutini) e
modificato ogni qualvolta sia segnalato un cambiamento nei bisogni e/o nelle
difficoltà dell’alunno.
3.30
Quali sono i passi che la famiglia può compiere per verificare la
conformità tra quanto scritto nel PDP e quanto è stato attuato in classe?
Secondo la L.241/90, cioè la legge sulla trasparenza, la famiglia può
richiedere copia e/o visione di tutti gli atti amministrativi scolastici. In
questo modo è possibile visionare verifiche e compiti in classe: è sufficiente
che la famiglia inoltri una motivata richiesta scritta e la scuola è obbligata
a far vedere e/o a far avere le copie dei documenti richiesti, compresi i
verbali di classe e interclasse, nelle parti in cui riguardano il figlio.
Le Linee guida per i DSA (allegate al D.M. 5669 del 12 luglio 2011)
prevedono, inoltre, che la scuola curi di «predisporre
incontri con le famiglie coinvolte a
cadenza mensile o bimestrale, a seconda delle opportunità e delle singole
situazioni in esame, affinché l’operato dei docenti risulti conosciuto,
condiviso e, ove necessario, coordinato con l’azione educativa della famiglia
stessa» (cap. 6, punto 5).
71
3.31 Se la scuola individua un alunno con BES e
vuole predisporre un PDP deve necessariamente chiedere l’autorizzazione della
famiglia e far firmare il PDP?
Non è prescritto che la scuola debba chiedere l’autorizzazione, ma, in
un’ottica di collaborazione e di corresponsabilità, è opportuno condividere con
la famiglia il percorso personalizzato programmato per il figlio.
3.32
Per applicare la normativa sui BES a un alunno in difficoltà deve
esserci necessariamente la relazione di un clinico?
No, nella Direttiva sui BES (Direttiva Ministeriale del 27 dicembre
2012) si fa presente che l’identificazione degli alunni con difficoltà non
avviene esclusivamente sulla base dell’eventuale certificazione o diagnosi di
un clinico.
Per gli studenti della fascia dello svantaggio socioeconomico/sociale/
culturale o altri alunni senza diagnosi, è il consiglio di classe (per la
scuola secondaria) o il team docenti (per la scuola primaria) a decidere se
intraprendere un percorso personalizzato e se formalizzarlo in un
PDP.
72
A.A.V.V. (1992). ICD-10, Decima revisione della classificazione
internazionale delle sindromi e dei disturbi psichici e comportamentali,
Milano, Masson.
A.A.V.V. (2014). DSM-5, Manuale diagnostico e
statistico dei disturbi mentali, quinta edizione, Milano, Raffaello Cortina
Editore.
Consensus Conference (2007), Disturbi
Evolutivi Specifici dell’Apprendimento
– Raccomandazioni per la pratica clinica definite con il metodo della Consensus
Conference, Milano, 26 gennaio.
Istituto Superiore di Sanità (ISS), Sistema Nazionale Linee Guida
(2011), Consensus Conference Disturbi
Specifici di Apprendimento, http://snlg–iss.it/cc_disturbi_specifici_apprendimento.
Raccomandazioni cliniche sui DSA: risposte a quesiti 2011. Documento d’intesa
elaborato da parte del PARCC DSA (2011) in risposta a quesiti sui disturbi
evolutivi specifici dell’apprendimento: http://www.
istruzione.it/alfresco/d/d/workspace/SpacesStore/0473a5e0-c37c-44d0-95f4-38ec2400c2cf/raccomandazionidsa_revis2011.pdf
73
Legge n.170, 8 ottobre 2010 “Nuove norme in materia di disturbi
specifici di apprendimento in ambito scolastico”.
Decreto Ministeriale n. 5669 del 12/07/2011 sui DSA con allegate “Linee
guida per il diritto allo studio degli alunni e degli studenti con disturbi
specifici dell’apprendimento”.
Accordo Stato-Regioni 25 luglio 2012 su “Indicazioni per la diagnosi e
la certificazione diagnostica dei disturbi specifici di apprendimento (DSA)”.
D.M. del 27 Dicembre 2012 “Strumenti di intervento per alunni con bisogni
educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione scolastica”.
Circolare Ministeriale n.8 del 06/03/2013 con le Indicazioni Operative
della Direttiva Ministeriale del 27 dicembre 2012 “Strumenti d’intervento per
alunni con bisogni educativi speciali e organizzazione territoriale per l’inclusione
scolastica”.
Decreto Interministeriale Profumo Balduzzi del 17 Aprile 2013 (prot.
0000297) per l’emanazione delle Linee guida per la predisposizione di
protocolli regionali per le attività di individuazione precoce dei casi
sospetti di DSA.
Nota 2563 del 22 novembre 2013
“Strumenti di intervento per alunni con Bisogni Educativi Speciali. A.S.
2013/2014. Chiarimenti”.
75
Accordo Stato-Regioni 24 gennaio 2014 su Linee guida per la predisposizione
dei protocolli regionali per le attività di individuazione precoce dei casi
sospetti di DSA in ambito scolastico.
Nota 4233 del 19 febbraio 2014 “Trasmissione delle linee guida per l’integrazione
degli alunni stranieri”.
L’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, a.s.2014/2015, “Fonte:
MIUR - Ufficio di Statistica”; “Fonte: elaborazione su dati MIUR - Ufficio di
Statistica” (2015).
76
Lauro
Mengheri, psicologo e psicoterapeuta. Perfezionato in DSA. Svolge la propria
attività come libero professionista. Responsabile di Struttura Sanitaria
Accreditata dalla Regione Toscana per le discipline di Psicologia e
Neuropsichiatria infantile. Autore di oltre 80 pubblicazioni scientifiche
aventi carattere di ricerca. Coordina per il CNOP il Gruppo di Lavoro sui BES.
Dal 2014 è Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana.
Christina Bachmann,
psicologa e psicoterapeuta,
specializzata in
Psicologia
|
Clinica
all’Università
|
di Siena,
perfezionata in
|
Metodologia
e analisi
|
dei dati all’Università di Firenze, master in
Psicopatologia dell’apprendimento all’Università di Padova. Lavora presso il
Centro Risorse, Clinica Formazione e Intervento in Psicologia, di Prato, di cui
è responsabile. Coordinatrice della Sezione Airipa Toscana. Attualmente è
Vicepresidente dell’Ordine degli Psicologi della Toscana.
77
Silvia Baldi, psicologa e psicoterapeuta. Svolge
attività clinica, con particolare riferimento alla diagnosi e all’intervento
dei disturbi specifici dell’apprendimento. Membro del Consiglio Didattico
Scientifico del Master “Disturbi dell’Apprendimento e dello sviluppo cognitivo”
Università “Sapienza” di Roma. Coordinatrice della Sezione Airipa Lazio. Componente
del Gruppo di lavoro “Psicologia e Scuola” dell’Ordine Psicologi Lazio.
Michele Borghetto, psicologo e psicoterapeuta. Perfezionato
in DSA e nell’approccio cognitivo comportamentale ai disturbi dell’età
evolutiva. Svolge attività dipendente presso l’I.R.C.C.S. E. Medea, Associazione
“La Nostra Famiglia”, Conegliano (TV)
e attività di libera professione. È docente di psicologia generale presso la
facoltà di Medicina e Chirurgia dell’Università
degli Studi di Padova e formatore per l’Istituto di Gestalt “H.C.C. Italy”.
È membro del consiglio direttivo della S.I.Di.N.
(Società Italiana per i Disturbi del Neurosviluppo).
78
Rita Chianese, psicologa e psicoterapeuta. Perfezio-nata in DSA e ADHD.
Vicepresidente Consorzio Sol. Egadi. Presidente Associazione ONLUS Il
Germoglio, la quale dal 2004 si occupa di servizi di psicologia sco-lastica. Si
occupa di formazione e consulenza in ambi-to scolastico e professionale su temi
riguardanti le dif-ficoltà di apprendimento, l’ADHD e i disturbi emotivi. Dal
2010 Consigliere dell’Ordine degli Psicologi della Regione Sicilia e dal 2014
ricopre inoltre il ruolo di
Tesoriere.
Raffaele Ciambrone, dirigente della Direzione generale
per lo studente, l’integrazione e la partecipazione del MIUR. È responsabile
dell’ufficio centrale del Ministero che si occupa di integrazione scolastica. È
stato coordinatore del Comitato tecnico scientifico sui DSA - istituito ai
sensi della Legge 170/2010; ha inoltre elaborato e seguito in sede tecnica l’Accordo
in Conferenza Stato-Regioni sulle diagnosi e le certificazioni di DSA. È
componente del Board della European Agency for Special Needs and
Inclusive Education. Autore di numerose pubblicazioni sui bisogni educativi speciali e sulla
didattica inclusiva.
79
Emanuele Legge, psicologo e psicoterapeuta. Dirigente
Psicologo ASL1 Regione Abruzzo presso il Distretto Sanitario di Base – Area L’Aquila
– Ambulatorio di Psicologia Consultoriale. Svolge attività di psicodiagnostica
clinica, abilitazione– riabilitazione, counselling e psicoterapia a favore di
minori e loro famiglie. Professore a contratto di Psicologia Generale e
Psicologia dello Sviluppo - Dipartimento MeSVA dell’Università degli Studi di L’Aquila.
Tra le pubblicazioni, recentemente autore di un contributo dal titolo “La valutazione dei Disturbi Specifici d’Apprendimento (DSA): quali
strumenti?”, in I Disturbi Specifici di Apprendimento a
scuola. La formazione degli
insegnantii, Anicia, 2014.
Sara
Piazza, psicologa e psicoterapeuta.
Svolge la propria attività come
libero professionista, precedentemente ha lavorato per 6 anni come consulente
per «Istituto Arcivescovile per Sordi» occupandosi di bambini con disturbi dell’apprendimento
e del linguaggio e successivamente per 7 anni come dirigente psicologa a tempo
indeterminato in Unità Operativa di Psicologia dell’Azienda sanitaria
provinciale di Trento. Si occupa di minori e delle loro famiglie anche nell’ambito
dei BES. Dal 2014 è Presidente dell’Ordine degli Psicologi della Provincia di
Trento.
80
Viviana Rossi, già insegnante, ha svolto in seguito il ruolo di Dirigente scolastico in provincia di Torino. Docente a
contratto da tre anni nel Master del COREP di TO “Disturbi dello Sviluppo e
difficoltà di apprendimento”. Giornalista pubblicista, collabora da anni con
giornali e riviste specializzate sulla scuola e con molte case editrici. Ha
fatto parte del Comitato scuola e del Consiglio direttivo AID.
81
RINGRAZIAMENTI
Si ringraziano sentitamente
il Prof. Cesare Cornoldi, il Prof.
Santo Di Nuovo, la Prof.ssa Daniela Lucangeli, il Prof. Giacomo Stella,
il Prof. Cristiano Termine,
per il contributo di referaggio fornito.
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